di Valentina Perrone | 06 Marzo 2014
RECENSIONE | “Per anni ho aspettato che la mia vita cambiasse, invece ora so che era lei ad aspettare che cambiassi io” (p.58). È in queste poche ed intense parole che è possibile ravvisare tutto il senso de “Le prime luci del mattino” (Mondadori 2011), penultimo romanzo di Fabio Volo. Il suo contenuto è interamente affidato ad una protagonista immaginaria, Elena, che in prima persona scrive e racconta il suo diario. Fare i conti con la propria esistenza quotidiana, per giungere a guardarla in faccia fino quasi a sfidarla, è il traguardo sperato dall’autore e discretamente raggiunto. Quella di Elena è un’esistenza piatta e priva di ogni forma di dinamismo, resa tale dal suo stesso evolversi. Un susseguirsi di incasellamenti e disposizioni quasi meccaniche, al punto di annullare sin dal suo nascere qualunque disponibilità al mutamento. Elena ha sempre deciso in anticipo quali contenuti avrebbero riempito le pagine della sua vita, dagli studi frequentati agli amici più stretti, fino all’uomo con cui passare, da un certo punto della vita in poi, il resto dei suoi anni. Il suo è un matrimonio piatto, tanto roseo immaginato e altrettanto spento poi rivelatosi: l’unione con Paolo è per lei un altro incastro ad hoc nel puzzle della sua vita. Ma ad un certo punto qualcosa cambia, all’improvviso le sue certezze vacillano. Le sue emozioni incombono, persino quelle più celate e mai provate, fino a mutare inevitabilmente il corso degli eventi. Così Elena si ritrova d’innanzi un’altra sé, di cui ignorava l’esistenza. Determinante è l’incontro con un uomo, che diventa per lei molto più di un amante, colui che con un solo abbraccio diviene in grado di riconsegnarle una vita intera. Quell’uomo farà emergere la parte più irrazionale di lei, le farà compiere gesti ed azioni mai pensate prima di allora e così le farà scrivere: “Mi stupivo perché ciò che ero in grado di fare non corrispondeva all’immagine che avevo di me stessa” (p.112). Malgrado i dubbi e i sensi di colpa, Elena trova il coraggio di inventarsi un nuovo presente quando il futuro sembra più una minaccia che una speranza. Senza mai rimpiangere la donna che è stata, così scrive: “Ci sono momenti in cui la vita regala attimi di bellezza inattesa […] Quando terminano i respiri corti, lasciando spazio a uno lungo profondo che riempie e svuota il petto, in quei momenti non mi manca nulla” (p.9). Lo stile della scrittura è quello semplice tipico di Volo, che punta dritto ad emozionare il lettore, coinvolgendolo lungo tutto il testo. Va tuttavia riconosciuto un eccessivo ricorrere a dettagli descrittivi che seppure fossero stati omessi, non avrebbero di certo limitato la bellezza della trama. Mi riferisco alla descrizione, eccessivamente minuziosa e in alcuni punti anche prolissa, del coinvolgimento erotico tra i due protagonisti, che spesso si spinge notevolmente, fino quasi a oltrepassare la linea di demarcazione tra spessore contenutistico e possibile superficialità del testo. A parte la suddetta nota di disappunto (benché riferita a buona parte dei contenuti che danno forma al volume), il racconto offre un’interessante introspezione femminile e degno di nota è il suo compiersi mediante una mano maschile. Sembra che l’autore conosca perfettamente molti dettagli dell’universo femminile, persino quelli più intimi che nessuna donna oserebbe mai rivelare. Egli riesce pienamente a descrivere lo stato d’animo della protagonista e il suo coraggio (prima nascosto ma poi finalmente esploso) di andare oltre i propri limiti, fino a sfidarli, ricavandone tutto il buono possibile. Persino la sconfitta, epilogo inevitabile della relazione d’amore clandestina, avrà per Elena conseguenze indiscutibilmente positive. Tutto il senso del testo, quindi, si snoda intorno al coraggio, quello di vivere ogni giorno come tale, senza preoccuparsi troppo di quello che è stato e di ciò che sarà. Quella vissuta da Elena è una sfida difficile e profondamente rischiosa, che muove dalle sue sensazioni più intime, dall’emotività più intensa fino ad allora candidamente celata dalla routinaria quotidianità. Così scrive nelle ultime pagine del suo diario: “Il buio e le ombre della notte se ne stanno andando e lasciano spazio alle prime luci del mattino” (p.210). Una sfida che probabilmente vale la pena di vivere, non fosse altro per l’emergere impetuoso del coraggio di affrontarla e che porterà quasi certamente all’alba di una nuova vita.
Valutazione: (4 / 5)11 Febbraio 2014
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