di Cosimo Centonze | 12 Aprile 2014
RECENSIONE | E’ questo il vero Salento, la terra forte e spontanea che conosciamo, accattivante come il canto di una sirena eppur perennemente in bilico tra piaghe irreversibili, che si tratti della criminalità o, come in questo caso, della crisi economica, ma questa lingua di terra, una nave, in continua lotta tra i venti del pericolo, riesce ad arrivare gradatamente in porto grazie agli uomini di buona volontà che la animano, che quotidianamente combattono per essa. Del vero Salento, pare quasi sentirne filtrare il rumore delle aeree cicale, o il profumo ti lu mare che impetuoso sbatte sugli scogli, e come non annusare l’aroma dei nostri meravigliosi frutti, è questo, si diceva e non quello dei salotti borghesi e annoiati dai piatti prelibati (ambienti così cari al leccese ad honorem Ozpetek) e cocktails consumati al sole di spiagge per vips improvvisati e autocelebrati o di multinazionali del turismo che vogliono abbattere alberi su alberi per costruire case e palazzi.
Ed è la forza di volontà di questa famiglia che sull’orlo della disperazione decide di tornare alle origini campagnole alla ricerca della serenità perduta, che è la forza motrice di tutto il film, ma siamo ben lontani da una vicenda tutta rose e fiori, zuccherata come una canzone di Biagio Antonacci, anzi il contatto con la natura non appianerà le divergenze caratteriali delle quattro donne che compongono il contesto familiare.
Adele (Celeste Casciaro), è la vera protagonista del racconto perché all’interno del suo malessere si incentrano tutte le storie che avvolgono la vicenda, proponendosi come emblema della stessa terra che l’ha delusa, con la sua forza rabbiosa, la sua dolcezza nascosta come una scontrosa grazia che rappresenta per l’appunto i luoghi che l’hanno prima illusa e successivamente angustiata, come le rughe che il suo volto troppo presto trascurato sta iniziando a conoscere, le rughe del suo carattere che non le permettono di lasciarsi cullare dal sogno di aver trovato un brav’uomo con cui condividere esperienze, Stefano (Gustavo Caputo), suo vecchio spasimante, ex compagno di scuola che timidamente ha ripreso a farsi avanti. Adele non riesce ad abbandonarsi alla vera forza dei sentimenti, non è capace di elargire il necessario amore né alla figlia ventenne Ina (Laura Licchetta), talmente bella eppure così stupida da non accorgersi di quanto si soffra attorno a sé, né tantomeno è capace di regalare attenzioni alla sorella Maria Concetta (Barbara De Matteis) laureata ma disoccupata che sogna di fare l’attrice, a cui ricorda con troppa insistenza di pensare alle cose serie e di non possedere la necessaria bellezza per aspirare alla carriera artistica, solo con la madre Salvatrice (Anna Boccadamo) riesce ad aprirsi, l’unica persona a cui regala un po’ del suo intimo io, che troverà un attimo di pace nella gestione della masseria abbandonata di famiglia, otterrà i beni necessari alla gestione quotidiana, quali il carburante o il latte attraverso la forma del baratto, ovvero offrendo in cambio i prodotti coltivati.
E’ un film che illustra i veri valori della vita, quali la felicità, la bellezza dei sentimenti, la semplicità e il recupero dei luoghi di origine, unici veri carburanti necessari per giungere al traguardo dello stare in grazia di Dio, che secondo il regista significa: “Stare bene nella propria pelle, nel posto in cui si vive e soprattutto accanto alle persone alle quali si vuole bene”.
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