di Isabella Monte | 20 Gennaio 2018
Esistono argomenti delicati, topic dal peso specifico non indifferente, campi minati densi e viscosi.
Esistono, poi, registri linguistici diversi, scelte comunicative variegate, metodologie ed intenti diversificati.
Con un po’ di fortuna, indovinando la giusta combinazione, a volte accade che pesanti e sporchi macigni possano essere raccontati con inaudita leggerezza, senza che mai venga troppo velata, però, l’entità dello sforzo necessario.
Questa la prima riflessione che, con molta probabilità, scaturisce dalla visione di “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”, pellicola premiata a Venezia e vincitrice di 4 Golden Globes, opera terza del regista britannico Martin McDonagh, già noto per “7 Psicopatici” e “In Bruges – La coscienza dell’assassino”.
Il film, uscito nelle sale italiane lo scorso 11 gennaio, racconta le vicende di una madre che, a distanza di pochi mesi dalla morte della figlia, stuprata e assassinata, vuole scuotere le coscienze degli abitanti di Ebbing e, soprattutto, dei poliziotti che non hanno saputo (o non hanno voluto a sufficienza) sbrogliare la matassa del cruento ed ancora insoluto omicidio della ragazza. La donna decide, quindi, di affittare tre spazi pubblicitari presenti all’ingresso della cittadina del Missouri per affiggerci il suo sdegno e la sua rabbia, scritti in caratteri cubitali.
Il contenitore è una black comedy in piena regola, in cui molto spesso si sorride (a volte si ride anche), al cui interno vengono riversati stupro, omicidio, razzismo, malattia, suicidio, violenza e intolleranza: proiettili di piombo sparati nell’aria come fossero mozziconi di sigarette tra pollice ed indice.
Menzione di merito per quasi tutti gli attori (la McDormand in primis), tra cui figura anche Peter Dinklage (il Tyrion Lannister de “Il trono di spade”).
Pollice verso, invece, per il doppiaggio italiano che, come spesso accade, sminuisce ed avvilisce l’estetica vocale della lingua originale.
Perfettamente abbinate le musiche, forse anche troppo.
Una scena su tutte che, lungi dal voler essere uno spoiler, merita assolutamente di essere offerta come appetizer, è quella che mostra uno dei personaggi togliersi la vita: l’uomo, prima di puntarsi la pistola alla tempia, si copre il viso con un sacchetto di plastica sul quale applica un biglietto indirizzato alla moglie che avrebbe trovato il cadavere.
“Non aprire il sacchetto, chiama solo la polizia”, aveva scritto l’uomo, come ultimo, tristemente dolce gesto d’amore.
–
11 Febbraio 2014
12 Febbraio 2016
24 Gennaio 2016
28 Novembre 2017
26 Gennaio 2018
3 giorni ago
26 Gennaio 2018
Tutti i cittadini italiani portano in dichiarazione fiscale...26 Gennaio 2018
Nel calcolo dell’Indicatore Situazione Economica...26 Gennaio 2018
La formula di ospitalità del bed and breakfast (B&B)...26 Gennaio 2018
L’assegno al nucleo familiare (ANF) è un sostegno...