News Scuola e Formazione / Guagnano
di Tiziana Marcucci | 18 Settembre 2022
In un articolo della nostra rubrica Connessioni relazionali, avevamo già parlato dello smartphone, ‘L’oggetto transizionale del qui ed ora: smartphone,’di Anna Paola Bianco .Oggi ritorniamo a farlo riportando una notizia che ha fatto scalpore: in alcune Scuole italiane si è deciso di ritirare i cellulari agli studenti all’ingresso a scuola e restituirli solo a fine giornata.
Il primo Istituto saltato agli onori della cronaca per tale scelta educativa è il Liceo Malpighi di Bologna: docenti e alunni hanno il divieto di utilizzare lo smartphone durante le lezioni, ma anche durante la ricreazione e gli altri intervalli. A Siena, il Collegio dei docenti dei Licei Poliziani di Montepulciano ha stabilito che gli studenti dovranno depositare all’inizio delle lezioni il cellulare spento in un apposito contenitore: il cellulare verrà consegnato all’intervallo e in qualunque momento il docente ritenga sia utile per attività didattica o scolastica.
L’obiettivo è fare in modo che i giovani riprendano a parlare tra loro, evitino distrazioni, indirizzino la loro attenzione e le loro energie alla didattica e alla socialità.
Una Circolare scolastica precisa che “l’uso improprio del cellulare, ad esempio per riprese o foto non autorizzate dai diretti interessati, e la loro eventuale pubblicazione in rete, oltre che essere oggetto di provvedimenti disciplinari per violazione del regolamento interno, può costituire reato per violazione della privacy ed essere soggetto a possibili denunce presso l’autorità giudiziaria da parte dell’interessato”.
È evidente che si tratti di una decisione volta a migliorare la qualità del tempo scuola, confermata anche dagli esiti di un’indagine compiuta da Studenti.it
All’indagine, condotta al fine di capire come venga gestita la questione cellulari all’interno del loro Istituto, hanno risposto quasi 700 studenti: risultato, lo smartphone viene ‘sequestrato’ alla prima ora e restituito all’uscita nel 26% delle scuole. Ed è un bene, perché alla domanda “Quando puoi tenerlo ti distrae?”, il 36% ha detto di sì. E alla domanda su come viene usato il cellulare in classe se non viene ritirato, il 38% ha risposto che lo utilizza per chattare con amici e parenti, il 33% per svolgere ricerche didattiche durante le lezioni, il 29% lo usa in caso di emergenza.
Questi dati sono suffragati da studi specifici, come quelli del pediatra Italo Farnetani , professore ordinario di Pediatria dell’Università Ludes-United Campus of Malta, che condivide appieno l’iniziativa di questi Istituti, “… anche se il metodo magari si può perfezionare. Da sempre ho avvertito anche che il cellulare, come le medicine, fa bene alla dose giusta. Quando c’è un sovradosaggio fa male”.
Dello stesso avviso è anche lo psichiatra Paolo Crepet, il quale afferma che “È giusto arrivare ad una soluzione un po’ più drastica. Lo scorso anno ci sono state sperimentazioni simili in altri Istituti in Italia e la cosa più interessante è stata la reazione dei ragazzi. Vietare i telefonini comporta un netto calo dell’aggressività, un aumento netto di capacità cognitive, memoria e attenzione e, soprattutto, un aumento netto delle relazioni sociali ed emotive. Quindi, se si riesce ad interrompere questa dipendenza si fa del bene ai giovani e allo studio”.
L’uso corretto e consapevole degli smartphone è certamente uno degli argomenti più vivaci del dialogo educativo, poiché mette in luce le difficoltà di conciliare opportunità e limiti di uno strumento che, come ribadito in tanti contesti, è sempre più pervasivo.
Proprio il Dirigente Scolastico del Liceo Malpighi di Bologna, Marco Ferrari, in un’intervista rilasciata su Orizzonte Scuola (https://www.orizzontescuola.it/addio-smartphone-in-classe-abbiamo-tolto-agli-studenti-una-droga-famiglie-entusiaste-intervista-al-dirigente-del-liceo-malpighi-di-bologna-marco-ferrari-diventi-un-modello/), chiarisce dei punti fondamentali che aiutano a ben comprendere il valore fortemente educativo di una scelta come questa, che ha come unico obiettivo il bene dei ragazzi. Nell’intervista si legge: ”I ragazzi scopriranno un’esperienza altra della vita. Il cellulare ti porta invece da un’altra parte, ti porta cioè dove vogliono i potentati economici. Perché Steve Jobs e Bill Gates hanno vietato le tecnologie ai loro bambini? Evidentemente conoscevano bene la potenza distrattrice di questi strumenti. La nostra non è una battaglia contro la Apple, ma noi vogliamo fare il nostro mestiere e con il cellulare sul banco è impossibile”. Va qui precisato che non si tratta di ‘sequestrare’ il cellulare, che, infatti, può essere ripreso quando serve, cioè quando fa parte di un ‘progetto didattico’. Si tratta, piuttosto, di “regalare agli studenti una qualità scolastica inedita e piena di relazioni .Siamo convinti che togliendo il telefono dalle mani diamo loro un’occasione in più per fare un’esperienza di vita piena alzando lo sguardo verso il compagno o facendo una domanda in più all’insegnante”, continua il preside Ferrari, “ preferiamo che il ragazzo si confronti con gli altri”.
A chi obietta che questa non sia la strada giusta perché potrebbe sembrare un’imposizione ai ragazzi, il Preside spiega che si tratta di una scelta che si fonda su pochi ma fondamentali step:discussioni e confronti con professionisti del settore educativo , lavoro in team dei docenti, comunicazione trasparente degli obiettivi e finalità di questa ‘scelta educativa’ ai suoi protagonisti, i ragazzi. Infatti, dopo che il Preside Ferrari ha parlato nelle classi, “i ragazzi sono stati disponibilissimi, perché hanno visto che è un’ipotesi condivisa tra adulti per il loro bene e non per il comodo dei loro insegnanti”. Naturalmente, questo percorso sarà monitorato costantemente, al fine di giungere ad una valutazione di fine anno che possa permettere di verificarne l’efficacia.
Chi, come la sottoscritta, insegna da un po’ di anni, non può non essere d’accordo sul fatto che il dialogo e l’ascolto siano fondamentali per guidare gli alunni al successo formativo, ma non può non essere d’accordo anche su quanto il Dirigente Ferrari afferma a conclusione della sua intervista: “gli adulti devono discutere con l’educando. Ma in altri casi gli adulti devono fare gli adulti. Devono cioè avere il coraggio di sfidare la libertà dei ragazzi con una proposta chiara e con uno scopo condiviso. Loro ci stanno, quantomeno ci provano. Sono peraltro intelligenti e, non imponendo ma proponendo in modo chiaro lo scopo, ti vengono dietro con libertà. Il problema vero, semmai, è: li vogliamo educare, i nostri studenti, o li vogliamo evitare? Perché quando tu li educhi sei pronto ad affrontare tutti i problemi che insorgono. Quando li eviti scegli invece ciò che è più comodo”
Concludiamo con una riflessione: una scelta educativo-didattica come quella adottata in questi Istituti, richiede una Scuola al passo con i tempi, con classi dotate di LIM o Digital board, di laboratori funzionanti, di supporti tecnologici adeguati. Questi aspetti , purtroppo, sottolineano ancor più il divario Nord-Sud, visto che in molti dei nostri Istituti questi supporti, se ci sono, spesso sono insufficienti o obsoleti , o in fase di installazione,… Basti pensare che, per adempiere alle quotidiane incombenze burocratiche, come la ‘semplice’ gestione del Registro elettronico, spesso il Docente può farlo perché porta con sé il suo tablet o il suo smartphone.
Ma, nonostante tutte le difficoltà, nonostante un non sempre adeguato riconoscimento sociale della figura dell’insegnante, il benessere dei nostri ragazzi fa sì che ogni sfida educativa , miri sempre ad un miglioramento , non solo di tipo cognitivo, ma anche umano e relazionale di ogni alunno.
E’ una sfida che possiamo e dobbiamo vincere tutti insieme , e sarà possibile farlo se saremo capaci di costruire una “nuova alleanza educativa” , che investa sinergicamente Scuola, Famiglia, Società e Istituzioni.
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