di Simona Colletta | 02 Gennaio 2016
Dalla California all’Australia fino al Salento, le donne hanno lottato e lottano per la difesa del patrimonio arboreo ed ambientale, contro ogni distruzione.
E’ ciò che sottolinea il dott. Fabio Coppola in una delle sue riflessioni: «California, 1997. Julia Hill, ventitré anni, salì sulla cima di una sequoia millenaria destinata ad essere abbattuta per mano di un’industria del legno. Restò su una piccola piattaforma per 738 giorni (poco più di due anni), e scese dall’albero dopo che l’azienda assicurò di conservarlo insieme all’area circostante.
Tasmania, 2011. Miranda Gibson, trentenne, scalò un eucalipto di 60 metri pronto a diventare legname. Il suo soggiorno sulla pianta, durato ininterrottamente 449 giorni, finì a causa di un incendio che la costrinse ad abbandonare la zona. Grazie alla sua impresa la foresta vergine australiana divenne patrimonio dell’umanità.
Salento, aprile 2015. Nelle campagne di Oria una donna di San Cesario si arrampicò su un ulivo per bloccarne l’abbattimento; una donna di Melendugno rimase per nove ore su un ulivo in contrada Duchessa a Veglie. Ometto le loro generalità per non fare un torto ai tanti altri uomini e donne che fisicamente (e pacificamente) hanno difeso per mesi gli ulivi del Salento dalle ruspe; mezzi messi in moto per attuare un intervento fitosanitario che per molti aspetti è apparso come un autentico delirio di distruzione. Nella strage sono cadute circa millecinquecento ulivi, alcuni di essi secolari».
Donne che per difendere l’ambiente, hanno contrastato la devastazione e le speculazioni con tutte le loro forze, anche a costo della propria vita.
«Impossibile dimenticare Renata Fonte, trentatré anni, insegnante di Nardò – continua il dott. Coppola – che nel 1984 pagò il prezzo più alto per aver contrastato la speculazione edilizia di Porto Selvaggio. Successivamente riconosciuta vittima di mafia, e Porto Selvaggio primo parco naturale regionale della Puglia. Per i più giovani, ricordo “La posta in gioco”, libro e film che descrissero la triste vicenda.
Altre due donne, le dottoresse Elsa Valeria Mignone e Roberta Licci della Procura della Repubblica di Lecce, insieme al capo Cataldo Motta, prima di Natale bloccano il piano Silletti con un decreto di sequestro preventivo d’urgenza, dieci indagati e diversi filoni d’indagine ancora in corso. Decreto convalidato dal gip Alcide Maritati. In futuro sarebbe bello che mai più nessuno salisse su un albero, se non per lavoro o per gioco».
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