di Simona Colletta | 06 Marzo 2017
“Il Sindaco, il Consiglio e l’idea eversiva di democrazia”, è questo il titolo del comunicato attraverso il quale il Consigliere di opposizione del Comune di Guagnano, Massimiliano Guerrieri, si esprime sulla mancata convocazione, ad oggi, del Consiglio Comunale. Di seguito riportiamo quanto descritto.
«Tempo scaduto, direi. Abbondantemente scaduto!
Benché fossero trascorsi novanta giorni dalla data di protocollo della richiesta di convocazione del Consiglio Comunale, sottoscritto congiuntamente dai tre consiglieri di minoranza, il sindaco Leone nella veste super partes di Presidente del Consiglio, figura garante dell’organo più importante della nostra comunità, pare non curarsene; in barba al regolamento che ne disciplina il funzionamento e ne prevede la convocazione entro un massimo di venti giorni dalla richiesta.
In questa reiterata circostanza, mi sento emotivamente spinto dall’esigenza di porre l’attenzione su un antipatico atteggiamento di evidente strafottenza istituzionale, chiamandone in causa il diretto responsabile: il sindaco, per l’appunto.
Si tratta, a mio parere, di un’impertinenza politica che reputo paradigmatica di un modello particolarmente opaco della gestione della cosa pubblica, della totale assenza di cultura democratica all’interno della gravosa pratica dell’amministrare, del tenore impudico del livello di rispetto delle controparti politiche, della visione miope e solipsistica dell’arte di governo. E potrei continuare.
L’attenzione al rispetto delle regole per il funzionamento di un sistema democratico, credo rappresenti uno dei capisaldi della qualità della politica di una comunità. E, nello stesso tempo, il principio attraverso il quale sviluppare azioni minime di garanzia e di trasparenza nei confronti dei cittadini in primis e delle componenti politiche di rappresentanza in secundis, siano esse di maggioranza che di minoranza.
Mi pare anche il caso di ricordare come questa denuncia abbia costituito, in periodi diversi, anche una sorta di leitmotiv dell’opposizione consiliare. E non può essere di sicuro dimenticato che, come controparte politica istituzionale, sviliti da questo ripetuto atteggiamento di menefreghismo delle norme, ci siamo visti costretti a dover intervenire nelle stanze del Prefetto sul tema del mancato rispetto delle regole. Senza, evidentemente, sortire alcun risultato positivo.
Ma ora, al netto della cronaca fattuale passata, mi preme porre una riflessione allargata dagli amministratori alla cittadinanza sulla mancata convocazione ad oggi del Consiglio Comunale: cioè, dell’assemblea, per antonomasia, del dibattito pubblico istituzionale, l’organo sovrano di governo del territorio e luogo inderogabile della democrazia municipale.
Bene, oggi questo luogo della democrazia, nel nostro paese, è ostaggio da settanta giorni nelle mani di un capo fazione politico, non certamente da un Presidente del Consiglio. Il quale sulla base delle valutazioni politiche di circostanza, smette i panni del “direttore di gara” di tutte le forze politiche consiliari per indossare la casacca della squadra del cuore. E, in questo passaggio, non solo silenzia un dibattito pubblico fortemente voluto e necessario, ma produce l’effetto non indifferente di ammutolire il luogo per eccellenza della democrazia cittadina. Nella sostanza, un’assemblea viene svuotata di senso e contenuto dall’arbitrio dispotico di un sindaco, ridotta a camera di bivacco per qualche sporadico matrimonio, piegata alle esigenze e alle opportunità della mera convenienza elettorale (come dire: se l’argomento del discutere può tornarmi scomodo, il dibattito “non s’ha da fare”).
È un comportamento legittimo? Assolutamente no, non esiste alcuna scusa che possa ammettere forme di deroga alle regole della democrazia, se non nelle modalità espressamente stabilite. È un comportamento grave, molto grave, perché, al di là dell’oggetto all’ordine del giorno, l’idea di affossare preventivamente una discussione che concerne la vita e gli interessi dei cittadini è di per sé un’idea culturalmente eversiva.
Eversiva perché: si nega un dibattito di carattere pubblico; si piegano le regole di funzionamento degli organi istituzionali ai propri voleri; si violano le garanzie minime della già imperfetta democrazia; si dà potere all’arbitrio di un singolo; si impongono gli argomenti di pubblico interesse secondo la volontà di un calcolo di parte; si disconosce la sovranità popolare; si avvilisce la Costituzione della Repubblica Italiana; si ledono un’infinità di diritti fondamentali: all’informazione, alla trasparenza, alla cittadinanza, alla partecipazione. E altri aspetti meno evidenti di carattere intrinsecamente eversivo, gli affranco dall’elencazione.
Certo, ne comprendo la difficoltà rispetto all’oggetto della discussione, come del resto l’imbarazzo che proverebbe tutta la maggioranza di governo ad affrontare pubblicamente un tema scottante come l’ammanco di migliaia di euro dalle casse comunali. Un tema su cui, assolutamente, sotto il profilo giudiziario non è nel mio interesse approfondire, perché ritengo la presunzione di innocenza un presupposto fondamentale in uno Stato di diritto e sul quale dovrà essere la magistratura a pronunziarsi.
Ma sotto il profilo politico, sì. Non permetterò certamente alla volontà di un sindaco di rinunciare al diritto di parola, mio e delle persone che in quel consesso ho l’onere e l’onore di rappresentare. Devo poter dire, in quell’assemblea, quelle che, a mio avviso, sono tutte le responsabilità politiche taciute».
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