di Cosimo Centonze | 10 Febbraio 2015
RECENSIONE | E’ uno spettacolo per gli occhi il nuovo film del regista messicano, celebre per i suoi lavori dalla accentuata cifra drammatica ma sempre lucidi e profondi. Per contro, questo suo ultimo lavoro pur sfiorandolo da vicino, nel dramma non vi ci si addentra, preferendo restare in bilico tra l’amaro e l’introspettivo ma sempre adoperando i toni leggieri e rassicuranti della commedia.
L’elemento di spicco della pellicola è rappresentato, senza dubbio, dalla regia. Essa difatti dipanandosi in una serie sconsiderata di lunghi piano-sequenza pare quasi fondersi con gli attori stessi, seguiti nel dedalo dei loro pensieri che prendono vita e forma nei meandri delle quinte del teatro, labirintico e claustrofobico luogo chiuso che ben si sposa con la magia dell’arte.
E’ così che, nel mentre la nostra bella macchina da presa è intenta a seguire uno dei protagonisti da uno spigolo nascosto nel buio ecco spuntarne un altro, o passare un macchinista o fioccare un oggetto di scena. Questa serie di sparizioni cullano lo spettatore che si lascia travolgere in un susseguirsi di incontri e rimane con la bocca aperta come un bimbo alle giostre.
E’ sempre difficile sbizzarrirsi in azzardati pronostici, ma alle porte della consegna degli Oscar, è probabile che la statuetta per la miglior regia possa essere consegnata proprio a Innaritu.
Questo film, è bene ricordarlo, è candidato a ben nove premi, tra cui appunto quello per la miglior regia.
Lo spazio tracciato dall’addentrarsi nel teatro, rappresenta il vuoto interiore che sta attraversando il protagonista, interpretato dall’adattissimo Micheal Keaton, vittima del suo stesso enorme ego che giunto alla soglia dei sessant’anni, decide di rilanciare la sua carriera addentrandosi in un’impresa più grossa delle sue possibilità. Vuole infatti dimostrare, prima di tutto a sé stesso, di essere un bravo attore oltre che un fenomeno mediatico e di costume.
Il suo glorioso passato difatti è legato a grosse produzioni commerciali, ovvero films di supereroi pieni zeppi di effetti speciali ed esplosioni utili ad ingrossare i portafogli ma zavorre gravose per chi vuole spiccare il volo verso le vette della recitazione più alta, tanto cara ai critici severi.
Questo confronto ha fiaccato l’uomo che nel corso degli anni ha visto sfuggire sia la possibilità di una svolta aulica della sua carriera sia un piacevole sviluppo della sua vita reale: difatti il suo matrimonio è terminato per colpa di tradimenti e incomprensioni e la sua unica figlia vive un momento di profonda crisi, anche a causa della mancata presenza nella sua vita, del padre.
Il mettere in scena questo spettacolo rappresenta l’unica possibilità di salvezza sia per l’uomo che per l’attore ( difficile dire a quali sia più importante per Riggan). Non sarà facile riuscire a portare lo spettacolo alla prima tra litigi con gli attori e in particolare con l’ultimo arrivato, lo spocchioso e arrogante ma bravissimo Mike Shiner (Edward Norton), la presenza della riluttante figlia ( Emma Stone) e gli altri attori tutti presi dalla loro fame di carriera.
Il personaggio di Birdman ha continuato a vivere nella testa di Riggan fino a diventare una sorta di coscienza, una seconda voce che prende vita e gli parla, e che cerca in tutti i modi di impedirli a realizzare questo spettacolo e farlo riportare in vita tornando a partecipare ai vecchi film spazzatura che tanta fama e ricchezza hanno donato ad entrambi. La popolarità e il benessere economico sono gli unici valori, e non la fama legata alla bravura per la recitazione, questo è il mantra recitato, con forza dall’alter ego alato.
Il film merita molto perché fornisce l’occasione di assistere alla visione di una commedia credibile e godibile, sufficientemente introspettiva ma mai pesante, che offre diversi spunti di riflessione sulla società contemporanea, anch’essa in perenne bilico tra il commercio popolare, oggi ingigantito e inghiottito dalla rete internet e dai social, e la perdita del valore dell’approfondimento culturale, persi come siamo nell’affannosa e vana ricerca del successo effimero.
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