di Emanuela De Blasi | 11 Marzo 2013
RECENSIONE | “L’essenziale è invisibile agli occhi” dice la volpe. E il piccolo principe ripeterà questa frase quasi per imprimere questo monito nella sua mente o forse nella mente del lettore.
Un messaggio, un segreto…
Intimo insegnamento che ripercorre le pagine di tutto il libro. Dal primo capitolo quando l’autore, bambino, disegna un elefante ingoiato da un boa, in cui gli adulti vedono solo un cappello, al viaggio compiuto dal piccolo principe che visita uno dopo l’altro sei asteroidi popolati da strani personaggi, metafora di sentimenti umani, all’incontro con la volpe che sarà determinate per il principe per comprendere il significato dell’“addomesticare”, ossia del creare un “legame” che fa dell’animale un amico e rende unica la sua rosa, tra mille.
Un vincolo che fa a meno della materia, tant’è che il piccolo principe se ne separa, separandosi dal suo corpo e facendosi mordere dal serpente, per tornare sul suo pianeta, dal suo fiore che ha tanto protetto.
Un legame che nasce dallo spirito, dall’amore, da quella capacità di guardare oltre ciò che è immediatamente tangibile. Un modo di vivere le cose del mondo tipico del bambino, capace di fantasticare su un serpente che ingoia un elefante, uno sguardo verso l’infinito che permette a ciascuno di immaginare qualcosa al di là dell’orizzonte, liberi dal tornaconto personale, dal materialismo, dall’esistenza volgare che sembra attanagliare gli adulti, vittime della loro vanità, della loro cupidigia, della loro pigrizia mentale, del tempo che in ogni istante sembrano rincorrere.
Gli adulti giudicano usando come unico metro di misura il prezzo, il valore economico delle cose, conoscono il mondo (o pensano di conoscerlo) attraverso le cifre. Capaci di pensare solo a se stessi ma incapaci alla fine di creare legami autentici.
Romanzo evocativo di sentimenti positivi e non certo una lezione, in alcuni tratti autobiografico, “Il Piccolo Principe” è la storia di un viaggio, solo in apparenza quello di un bambino, ma in realtà quello di un adulto, il pilota, che a causa di un’avaria al motore si ritrova nel deserto dove conosce il piccolo amico che ha lasciato il suo pianeta e la sua rosa ed è approdato sulla terra.
Un viaggio interiore che si snoda parola dopo parola, rigo dopo rigo, pagina dopo pagina.
Un cammino spirituale che dall’incomprensione dell’“adultità” arriva all’indulgenza verso tutti gli adulti che “sono stati bambini una volta, (solo che pochi se ne ricordano)”.
Una strada maestra che giunge alla conclusione. “Gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare con il cuore”. Messaggio universale, messaggio di speranza e di fraternità, di una spiritualità che andando all’essenza delle cose privilegia i valori duraturi.
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