di Redazione | 08 Agosto 2014
Il consigliere Massimilano Guerrieri, del gruppo d’opposizione guagnanese “L’Altra Primavera”, interviene in merito al conferimento del Premio Terre del Negroamaro al primo cittadino di Verona Flavio Tosi. La decisione del conferimento è stata posta in essere dall’Amministrazione Leone e di seguito contestata dall’opposizione di governo, oltreché da gran parte del popolo guagnanese, dati i trascorsi del sindaco della città del Vinitaly e alla sua appartenenza al partito leghista. Ecco le sue parole.
«A nostro parere, con l’assegnare un riconoscimento istituzionale a quella parte di nord prepotente e volgare si travalica ogni immaginario. E a dire il vero, poche, se non assenti, sono le ragioni a corredo di un’operazione sentitamente anacronistica. La strampalata decisione non può non essere valutata sotto la stessa lente da cui è scaturita, seppure si tenti di farla passare come avulsa dalla dimensione politica. Il sindaco del Comune di Guagnano fa politica da tre decenni sul territorio nelle file dei partiti del centrodestra e il sindaco di Verona è una figura politica nota di un partito manifestamente xenofobo e razzista. Chiarito tale aspetto, provo a tenere il filo sulle ragioni addotte: Flavio Tosi, il sindaco della città del Vinitaly, sarebbe meritevole di un premio, secondo gli amministratori, «per aver ospitato decorosamente le sette cantine guagnanesi al salone internazionale del vino». È bene dire, giusto per la cronaca, che il Vinitaly nasce nel lontano ’67. Il sindaco Tosi nel ’69, due anni dopo. Lo scarto anagrafico ci dice che non vi è nessun merito dell’attuale Giunta di Verona sullo sviluppo della nota vetrina vinicola internazionale. Non è trascurabile tralasciare di dire che la presenza in uno dei padiglioni della fiera, da anni affinata sulla politica del marketing, comporta un esborso economico non indifferente per ogni metro-quadrato richiesto. E che il costo per ogni espositore deriva, addirittura, in base al posizionamento logistico della postazione desiderata. Le cantine di Guagnano che, oggi come ieri, sono presenti a Verona, lo sono, pertanto, non per benevolenza di Tosi o della città veronese ma per interesse e convenienza dell’Ente Autonomo per le Fiere di Verona, soggetto di natura privata e con missione non certo filantropica. Il vero capitale, rappresentato dal vino, in quel luogo lo portano le aziende vitivinicole che arrivano da tutta Italia e dal mondo e che numericamente superano le quattromila unità. Posto in rilievo quest’aspetto, ne viene fuori la logica di fondo che intride la motivazione: se non è “arruffianamento” come ipotizza il direttore di telenorba Enzo Magistà, allora possiamo dire che porta il vizio di una evidente concezione di incrostata subalternità. Una paradossale forma di patologia politica, quella della subalternità, che come popolo orgogliosamente meridiano cerchiamo di contrastare, ponendo al centro un pensiero del sud che sappia guardare al massimo dell’autonomia. E per conto nostro, chiamati in causa con un ruolo politico dentro i territori viventi, questa infima logica è inammissibile. Specie se posta alla base dell’agire politico-amministrativo. E da inammissibile diventa indigeribile se, addirittura, tale subalternità si manifesta nei confronti di chi si è sempre presentato in modo rozzo, arrogante e con il vezzo della superiorità culturale. Un premio istituzionale dunque, nato nel segno di un’idea di emancipazione territoriale, per qualsiasi valore detenga, è nella sua natura una scelta politica carica di simbologia che ci dice chi siamo, cosa vogliamo e dove andiamo. Esaminare questo aspetto significa approntare un’adeguata riflessione di fondo partendo dalla propria storia e dalla propria cultura. Diversamente significa improvvisare scelte che possono causare danni irreparabili all’immagine e alla dignità della stessa cultura che s’intende elevare. In tal senso, una valutazione sbrigativa come quella operata è antipolitica. È un nonsenso dentro cui rischia di rimanere imbrigliato non solo il decisore politico ma un’intera comunità che ne è governata. Non ci fermeremo allora dinnanzi al sindaco Leone che ci accusa di “retroguardia politica” senza nei fatti aver avanzato mai un ragionamento di merito approfondito e condiviso sull’adeguatezza delle scelte di sviluppo locale. E questo, ci dice, con una chiarezza inequivocabile, come la politica al governo del palazzo municipale guagnanese non abbia né un faro né una stella da inseguire. E se manca un riferimento di senso nella responsabilità di amministrare un popolo, piccolo o grande che sia, i rischi e i pericoli sono sempre a portata di mano. Come in questo caso. La vergogna di dare un premio ai carcerieri di un territorio che per trent’anni sono stati una zavorra all’autosviluppo meridiano è troppo forte per non essere contrastata con ogni mezzo democratico a disposizione. Infine, nel paradosso della sua finalità ci troviamo di fronte ad un premio che offende più che elogiare».
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