di Giuseppe Tafuro | 30 Settembre 2014
RECENSIONE | Sono giorni bellissimi per la musica italiana. Fabi, Silvestri, Gazzè, quei tre ragazzi romani che un ventennio fa, con il mito di Venditti, muovevano i primi passi nel mondo della musica, oggi sono un tutt’uno, come più volte hanno sottolineato. Non una somma, ma un’unità e il loro disco Il padrone della festa è entrato a mani basse nelle classifiche nazionali come nella testa degli italiani risvegliandone e scuotendone la sensibilità. Le 12 tracce, che vedono il trio impegnato anche in brani solisti, sono un vero inno alla semplicità, quella disarmante e poetica di Alzo le mani; alla vita, complicata e dolce nello stesso tempo come nel primo singolo (Life is sweet), all’amore vero cantato in L’amore non esiste, svincolato da clichè e schemi sociali. É una festa, quella accennata dal titolo, per invitati sensibili, comuni. Personalità insicure, insoddisfatte ed eroiche nello stesso tempo come sono Anna e Giovanni, i personaggi-stereotipi portati in scena da Fabi con l’augurio che esista Il dio delle piccole cose, quello di cui parla Gazzè in uno dei brani più riusciti del progetto. Silvestri nel corso dell’album ha modo di farsi perdonare la sua Zona Cesarini; nella title track, affiancato dal solo e altrettanto suggestivo Fabi, la sua strofa chiude il disco lasciando l’ascoltatore con un nodo alla gola, fatto di consapevolezza, solidarietà e speranze.
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