Cronaca / Guagnano, Salice Salentino
di Redazione | 21 Febbraio 2015
Hanno optato per il rito abbreviato tre dei dieci imputati coinvolti nell’ambito dell’operazione “Aequanius”, in cui si ipotizzano, a vario titolo, i reati di usura, estorsione e favoreggiamento, relativamente ad un giro di affari messo su nella zona del nord Salento, precisamente tra Salice e Guagnano, con tassi del 10 per cento mensile. A coordinare l’inchiesta il sostituto procuratore della Dda di Lecce Alessio Coccioli.
Si tratta, nello specifico, di Luigi Albanese, 57enne originario di Casarano, all’epoca dei fatti direttore della filiale di Guagnano della Banca Popolare Pugliese; Claudio Bianco, 51enne di Guagnano, e Michele Pagliara, 67 anni, di Tuglie. I tre sono assistiti dagli avvocati Antonio Degli Atti, Luigi Piccinni e Massimo Manfreda. Rinvio a giudizio invece, ad opera del gup Vincenzo Brancato, per Antimo Leone, 55enne di Guagnano, Antonio Fernando Olivieri, 61enne di Guagnano, Pasquale Giannotte, 40enne di Salice Salentino, Ciro Iaia, 78enne di Guagnano, Elio Quaranta, 52enne di Salice, Antonio Pacella, 47 enne di Salice, e Anna Palazzo, 41enne di Salice. Il processo si aprirà il prossimo 4 maggio. Tra gli imputati, come detto, anche un direttore di banca che in concorso con altri avrebbe, in più occasioni, concesso in prestito somme di denaro, ottenendo in cambio interessi usurari, regali e favori da parte delle presunte vittime, tutti imprenditori della zona. Due degli arrestati, Iaia e Olivieri, quest’ultimo già condannato definitivamente per 416 bis e da tempo domiciliato nel vercellese, rispondono anche dell’aggravante del metodo mafioso, avendo fatto riferimento a individui criminali, ritenuti vicini agli ambienti della Sacra Corona Unita, per costringere una delle vittime a pagare i debiti usurari contratti, pena pesanti ritorsioni personali. Secondo l’accusa, l’ex direttore dell’istituto bancario sarebbe intervenuto per ritardare alcune operazioni bancarie, o per favorirne altre a favore dei clienti in difficoltà. In cambio, avrebbe ricevuto un paio di personal computer, un televisore da 32 pollici e diversi altri favori da parte degli imprenditori, in base al ramo di questi ultimi. Gli apparecchi sono stati posti sotto sequestro dai militari dell’Arma, durante le perquisizioni. Inoltre, il bancario avrebbe agevolato la via privata dei prestiti, suggerendola come soluzione a coloro che non avevano accesso al credito. Di solito il prestito veniva concesso tramite assegno postdatato, con scadenza a 30 giorni, ma la somma veniva già preventivamente decurtata del tasso di interesse. Ma i contanti che l’imprenditore era tenuto a corrispondere, rimanevano gli stessi. Quando il prestito non era saldato entro la scadenza prevista, veniva erogato un altro importo, con scadenza più lunga, ad esempio 60 giorni, creando quindi un circolo vizioso da cui le vittime non erano più in grado di uscire. A dare avvio alle indagini, nel febbraio 2012, fu la denuncia sporta dal titolare di una concessionaria di automobili. Fu, di fatto, il primo passo verso l’individuazione di una piccola, ma ben organizzata compagine, dedita al mercato del credito “a strozzo”, che si alimentava attraverso le difficoltà economiche di piccoli imprenditori locali che avevano difficoltà ad accedere al credito. Dopo i primi riscontri, si sono aggiunte altre denunce, sempre da parte di titolari di piccole aziende, che hanno contribuito a definire le condotte criminali. Il gup ha rigettato tutte le richieste di costituzione di parte civile, fatta eccezione per quella delle tre presunte parti offese.
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