di Cosimo Centonze | 14 Aprile 2015
Il Festival del Cinema Europeo, giusto alla sedicesima edizione, apre i battenti in questa tenera serata di metà aprile.
È come sempre una kermesse proiettata sulle differenze culturali presenti nell’Europa ma anche tesa a promuovere il territorio più vicino al Lecce, tenendo a cuore le problematiche più forti di questa terra di confine. Importante in questo senso il valore della cultura in un contesto arido come quello attuale dove i giovani del Sud Italia, sono costretti ad emigrare per cercare un futuro più sicuro. In questa tematica è importante sottolineare la presenza della sezione Puglia Show Festival, ovvero la rassegna di lungometraggi di registi pugliesi.
Con estremo piacere si nota una folta folla che trepidante attende l’inizio del film d’apertura della manifestazione cinematografica.
Con ancor più gioia è accolta la presenza di numerosi ragazzi e adolescenti che con estremo stupore affollano le sale del cinema Massimo, dove non saranno proiettati film-cassetta, ma lavori di un certo spessore. Possiamo iniziare a sperare che proprio le nuove generazioni saranno quelle capaci di tirarci fuori dalla sabbie mobili dentro cui siamo sprofondati piano piano?
È un Ulivo d’Oro malato quello che sarà consegnato quest’anno dalla giuria… malato come i nostri ulivi attaccati da un virus e da anni di strafottenza e lassismo.
Proprio quelle difficoltà che devono affrontare i giovani che qui vivono, che qui rimangono piantati come quegli ulivi, ma anche i ragazzi del film Wax, del regista salentino Lorenzo Corvino, classe 1979, che, come detto apre il festival.
Livio e Dario sono due lavoratori precari sulla trentina, incaricati da un avido produttore che li sfrutta, Saverio, di recarsi in Costa Azzurra.
Il loro incarico è quello di girare uno spot pubblicitario per un importante cliente. Qui incontreranno una bellissima collaboratrice di origine francesi, che li accompagnerà nel loro viaggio nel sud della Francia.
Tra loro tre nascerà un classico triangolo amoroso, dal sapore tanto vicino alla Nouvelle Vague più pura e semplice ( come dovrebbe essere l’amore), quella di Jules et Jim per intenderci, o per fare un esempio più recente, come non citare The Dreamers dell’immenso Bernardo Bertolucci?
Certo la scelta della location e della bellissima attrice francese (Gwendolyn Gourvenec) non sono buttate lì per caso. Nella loro avventura on the road avranno modo per annusarsi, capirsi e confrontarsi, ma tutta la loro storia è importante perché riguarda tutti coloro sono nati tra gli anni settanta e gli anni ottanta, la cosiddetta generazione X, detta dei sacrificabili (ahimè, che comprende anche chi scrive), giovani lasciati marcire in polverose università senza futuro o impiegati dietro contratti senza tutele e garanzie. Le loro speranze e i loro sogni sono gli stessi che agitano questi tre ragazzi.
Il film è stata una piacevole visione, ha suscitato l’entusiasmo del numeroso pubblico: ben quattro sale gremite. Il suo successo è dovuto alla frizzantezza e al ritmo veloce da videoclip, effetto ottenuto grazie alle riprese della camera a mano tenuto in mano volta per dai tre protagonisti che si auto-riprendono. Questo permette allo spettatore di partecipare ancora più da vicino alla vicenda.
Oltretutto il film non manca di sollevare l’attenzione verso tematiche più complesse.
Forse la parte finale è troppo piena di cose, ad esempio il finale simile a “Avvenne domani” di Renè Clair, si sarebbe potuto evitare.
Il film riesce nel sapore di libertà che sprigiona: è arrivato anche in sala. Chissà che i tanti politici presenti non abbiano colto anche il messaggio sociale e il grido di dolore dei trentenni eterni precari.
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