di Isabella Monte | 07 Novembre 2017
Le parole, che normalmente sono uno strumento meraviglioso, a volte si fanno nemiche e si nascondono, si confondono o rimangono impigliate in gola.
Cosa si potrebbe mai dire dinanzi ad una tragedia come quella accaduta due giorni fa? Quel tipo di notizie che sanno squarciare con inaudita violenza una domenica sera qualunque e che sanno smuovere comunità intere, colpendole dritte nello stomaco e mozzandogli il fiato.
Le parole, in questi casi, troppe volte si sprecano o si adoperano male, diventando inopportune e terribilmente dolorose. Forse è per questo che, talvolta, il dolore ha bisogno del silenzio per esprimersi, perché decidere di non commentare, di non opinare e, soprattutto, di non giudicare, equivale a decidere di rispettare.
Vincenzo aveva trent’anni, era un buono con un incontenibile senso del dovere. Era un figlio, un fratello, un compagno, un amico. Un amico di moltissime persone, le stesse che non hanno voluto perdere l’opportunità di salutarlo ancora una volta e che comunque non si capacitano e si smarriscono tra domande a cui non riescono a rispondere.
Le parole, però, sanno anche trasformarsi perché ci sono momenti in cui vogliono farsi sentire, vogliono scuotere i timpani e i cuori delle persone. E allora diventano cori e canzoni.
Vincenzo era un Ultras del Lecce, completamente intriso di quella smodata passione calcistica per la squadra della propria terra, per la quale tifava ed urlava in curva Nord ad ogni partita. E oggi è stata la curva ad urlare per lui, a cantare il suo nome a squarciagola, facendolo risuonare nelle strade, nelle piazze, nelle Chiese, per accompagnare uno di loro nel suo ultimo viaggio.
Vincenzo sempre presente dicevano gli Ultras giallorossi: un gesto di profonda riverenza che si è ripetuto anche allo stadio con la curva che, in occasione del match del Lecce, ha esposto uno striscione per salutare Vincenzo ed ha cantanto per lui. Poi i cori si sono placati e sono diventati silenzio quando le squadre sono entrate in campo: silenzio per chi quella partita non se la sarebbe persa sicuramente, silenzio per chi non poteva più essere lì a tifare con loro. Poi applausi, commossi e fragorosi.
Lo stesso Franco Lepore, capitano del Lecce, ha voluto omaggiare Vincenzo portando dei fiori sotto la curva ed esprimendo il proprio cordoglio sui social.
Un affetto immenso che si è poggiato, come una coperta, sul dolore straziante che ha sfiancato tutti quelli che Vincenzo lo conoscevano e che, ora, dovranno fare i conti con la sua mancanza.
Ma se è vero che a nessuno di noi è dato sapere cosa ci sia al di là di questa vita, è anche vero che, proprio per lo stesso motivo, nessuno di noi può avere la certezza assoluta che lui non sia da qualche parte, chissà dove, a ricambiare, con il sorriso, tutti i saluti che, da quaggiù, gli abbiamo tristemente rivolto.
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