di Cosimo Centonze | 26 Marzo 2014
RECENSIONE | Un film può definirsi con forza, avvincente, nel momento in cui, attraverso la sua capacità espressiva, la sua forza visiva e non da ultimo, sfruttando l’immenso potere del cinema di qualità, una delle poche arti capace di avviluppare i sensi e lasciarti piombare in uno stadio di contemplazione, privo di forze come corpo morto cade, ti permette che il tuo stato normale di uomo a qualunque livello inserito in una comunità-società venga annichilito, tutto ciò per cui combatti fin dal primo mattino, cercando di correr più veloce del famoso leone, noi moderne gazzelle in queste giungle burocratizzate e alienanti, viene spazzato via, smetti di essere marito o padre, donna in carriera o studentessa, avvocato o elettrauto, non ricordi più se devi andare a prendere i figli dalla palestra o quando sarà il tuo prossimo esame, essendoti oramai pienamente assuefatto di questo mondo non-mondo irreale ri-creato dallo schermo, così lontano dal un pacato giovedì di metà febbraio o fine ottobre, in cui il massimo dell’emozione sarà regalata dalla visita dei cugini che abitano in Veneto.
Certo non è facile trovare un film di questo elevato spessore, che possieda, cioè, la forza di creare tutto ciò, soprattutto nel genere del film d’azione, ovvero un nobile genere, che però, sopratutto nel corso degli ultimi anni, ha subìto un impoverimento per quel che concerne i contenuti, troppo spesso, infatti, abbiamo assistito a pellicole interamente sorrette da un unico monolitico personaggio, spesso dalla forza innaturale ma poche, fioche e stanche soluzioni registiche o di sceneggiatura, come una canzonetta pop legata a doppio vincolo dalla rima cuore-amore, mentre sopratutto questo genere può, se trattato con la giusta attenzione, regalare fortissime emozioni anche al pubblico attento, in fondo i quattro ragazzi di Liverpool, non facevan anche loro pop? Discorso che, puo’ esteso anche al genere horror, pieno di mostruosi film-fotocopia, casa vuota, cimitero sempre costruito là vicino o sopra ( forse i suoli costano di meno da quelle parti!) buio e zac! improvvisa apparizione… non sono certo questi generi ad essere inferiori, ma spesso sono impoveriti da piccoli grandi autori con la stessa idea trita e ri-trita.
Snowpiercer ha la forza necessaria per evincersi dal cinema omologo e limitato, potendo catalogarlo tra i film d’azione più avvincenti degli ultimi, ma perché esso possa issarsi lassù tra l’olimpo delle gloriose stelle, non è facile stabilirlo adesso, è estremamente difficile potersi anche avvicinarsi a film come The Matrix (solo il primo della saga eh … per carità) o Blade Runner. Di queste celebri pellicole possiede una comune idea iniziale, forte splendida ed efficace: l’idea di questo treno rompighiaccio che, quale microcosmo in movimento, rappresenta una moderna arca di Noè che traghetta gli unici sopravvissuti del genere umano è assolutamente geniale, e non è da sottovalutare nemmeno la seconda idea decisiva, che come carburante, permette di dare nuova linfa e sviluppo alla sceneggiatura, impedendo che essa si morda la coda e non porti a termine le brillanti intuizioni dettate dall’idea del treno solitario nello scenario ghiacciato, mi riferisco all’equilibrio sociale con cui Wilford (un sempre convincente Ed Harris) l’inventore di questo nuovo mondo metallico, regola l’equilibrio attraverso il quale questo mondo si regge: un bilanciamento tra classi, però ottenuto con la forza bruta, con la pianificazione della vita, omicidi di massa e la privazione per le classi più povere, che occupano gli ultimi vagoni del treno, dei più elementari bisogni della vita, ad esempio ad essi è vietato cibarsi di carne ma devono alimentarsi con delle barrette nere.
Questa seconda idea, permette di sviluppare la trama senza scendere a compromessi ma con una efficacia di mirabile effetto, ma altresì permette di poter esprimere delle considerazioni in riferimento alla tematica sociale ed etica che scaturisce dal comportamento del misterioso Wilford moderno dittatore solitario, ovvero, è giusto, al fine di mantenere l’equilibrio del treno-mondo e quindi di garantire la stessa sopravvivenza del genere umano, ricorrere al genocidio? Ovviamente no, e difatti tanta ferocia scatena un sentimento popolare di rivolta, questa locomotiva che rompe i perenni ghiacciai, l’unico scenario visibile del vecchio mondo, rappresenta una raffigurazione della locomotiva di Gucciniana memoria, ovvero uno strumento che permette di descrivere la marcia proletaria delle classi più povere che si oppongono al padrone sfruttatore, in un mondo in cui l’equilibrio permette la sopravvivenza e ogni pensiero libero e indipendente potrebbe portare a catastrofiche conseguenze.
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