di Redazione | 17 Agosto 2014
Il consigliere Massimilano Guerrieri, del gruppo d’opposizione guagnanese “L’Altra Primavera”, torna sulla decisione del conferimento del Premio Terre del Negroamaro al primo cittadino di Verona Flavio Tosi. La decisione di questa assegnazione è stata posta in essere dall’Amministrazione Leone e di seguito contestata dall’opposizione di governo, oltreché da gran parte del popolo guagnanese, dati i trascorsi del sindaco della città del Vinitaly e alla sua appartenenza al partito leghista. Ecco le sue parole.
«Le reali ragioni sull’assegnazione del “premio Terre del Negroamaro” al leghista Flavio Tosi rischiano di rimanere schiacciate in un pugno di slogan. In questi giorni, tramite la stampa e le testate giornalistiche on-line, ho sentito esprimere commenti per voce di tutti i tenenti e i colonnelli del centrodestra leccese, muovendosi nel difficile e quanto mai disperato tentativo di rendere credibile ciò che nemmeno il Santo Pontefice riuscirebbe a fare passare come verità ai suoi fedeli. Si sono scomodate tutte le figure di spicco. Marti, Condego, Gabellone, Manca, Perrone & company sono i nomi tutelari il cui l’interesse verso il nostro paese può considerarsi solo nel riflesso di una convenienza elettorale. L’imperativo enunciato, sempre sulle stesse parole d’ordine, è stato provare a persuaderci che l’operazione premioNegroamaro-Tosi non è di tipo politico. Prescindiamo il paradosso in sé (sembra di vedere l’immagine di Gigi D’Alessio sul palco di fronte a migliaia di fan nel disperato tentativo di convincerli di non essere napoletano). La posta in gioco appare, ormai con tutta evidenza, coperta da una foglia di fico.
È opportuno chiarire: non è un semplice premio il vero senso del riconoscimento. Fosse stata questa la portata della scelta, con molta probabilità, quel classico passaggio dalla commissione consiliare per verificarne attraverso un ragionamento condiviso la personalità eccellente da premiare non sarebbe venuto a mancare. Più volte la maggioranza Leone ha sottoposto all’esame delle commissioni consiliari alcuni difficili temi. Caso in cui, a maggior ragione, sarebbe dovuto avvenire nella prassi di un evento regolamentato con uno Statuto approvato in Consiglio Comunale e nato nell’idea di offrire, alla totalità dei suoi abitanti, una progettualità condivisa in cui riconoscersi. Ciò non è successo: non perché Leone non sapesse valutare i riverberi negativi che la strampalata scelta avrebbe comportato, né perché non ne comprendesse l’antinomia di un sud orgoglioso che premia un nord arrogante. Ci saranno altre ragioni, che non sono state dette e che, probabilmente, non possono essere dette. La politica, quando si crede superiore, purtroppo, travalica l’immaginario comunitario per gettarsi nell’ombra di una triste autoreferenzialità. E dunque, dietro una scelta maturata in totale solitudine, dietro tante risposte non date e dietro l’assenza di motivazioni argomentate e credibili, non riesco a vedere ragioni valide che non siano strettamente politiche.
Dentro questo decisionismo solitario e strattone non vi è solo il premio conferito a Tosi ma vi è un modello logico-culturale in cui si configurano tutte queste scelte. A riprova possiamo menzionare la modalità con cui viene riconosciuta la cittadinanza onoraria al sig. Alessio Guglielmo, per niente dissimile, avvenuta attraverso un gelido passaggio burocratico. E della stessa logica si nutrono il premio di ambasciatore nel mondo, assegnato ad Angelo Maci, responsabile delle cantina “Due palme” e nello stesso tempo finanziatore dell’evento. O il premio al direttore della testata on-line affaritaliani.it che nulla ha fatto per meritarsi un premio alla comunicazione.
Dentro questa amara logica di vecchio stampo, le ragioni addotte a supporto dell’assegnazione del premio al sindaco Tosi evaporano come l’alcool esposto al sole. E non credo sia il caso di parlare di leggerezza politica nella scelta, perché fosse stata tale, la possibilità di ravvedersi e di invertire la marcia resta sempre strada praticabile.
Alla luce di questo, dietro un tal evento, emerge quanto segue. Ammettere che le ragioni sono di natura politica è una vergogna che nessuno avrebbe la responsabilità di riconoscere. Non si ha il coraggio di dire che la manifestazione deve essere funzionale ad allargare il consenso prima di garantirne una solida base di condivisione progettuale. Non si ha il coraggio di dire che la prima missione dell’operazione che si mette in campo è quello di assicurarsi, più che una vetrina al territorio, una vetrina per la propria immagine. Come non si può dire che quanto più si accredita un evento, tanto più cresce l’opportunità del sentirsi bello, capitalizzare il consenso e mettere all’angolo gli avversari. Un modello logico-politico che quando si presenta nelle sue forme macroscopiche è difficile da nascondere. E non riesce tanto meno ad ammantarsi dietro concetti pretestuosi come “sviluppo territoriale condiviso”, seppure, quest’ultimo tentativo, sia finito in una nuda retorica (vicenda Nabil) celata dietro un’altra foglia di fico: il Gal “Terra d’Arneo”, attore utile per presentarsi con il volto “buono” della trasversalità legata alla “valorizzazione del territorio”, ma nella realtà taciuta, colpevole a non essersi interessato a garantire al progetto forme di relazionalità diffusa e di cooperazione dal basso, punti di partenza ineludibili per uno sviluppo locale autentico.
E così che, il padre fondatore della Notte della Taranta, Sergio Blasi, con onestà intellettuale, ha scoperchiato questo vaso di Pandora, mettendo in rilievo la vera natura di questo evento. Dire che il premio è l’arnese utile per sdoganare il leghista Tosi nella terra di Raffaele Fitto è cosa difficile da dire ai propri cittadini. È più conveniente, invece, dire: “Stiamo lavorando per il bene del paese”, “per lo sviluppo territoriale”. Salvo poi nascondere nell’implicito dell’espressione che “per il bene del paese” significa consegnare il suo futuro nelle mani di un potenziale accordo tutto interno al centrodestra.
Tosi, che non è un politico a tempo perso, ha bisogno di riabilitarsi al sud, dopo trent’anni di sputi. E lo fa, ormai, senza veli e tanti giri di parole attraverso la sua neonata fondazione “Ricostruiamo il Paese”. Per farlo è possibile solo se il padrone di casa, Fitto, ti apre la porta per entrarci. E se ti apro la porta per entrare a casa mia, tu, dovrai aprire la porta per farmi entrare a casa tua. Soprattutto quando a breve, a decidere la leadership post-berlusconiana potrebbero servire anche i consensi degli amici leghisti.
È questa, oggi, alla luce delle ragioni esposte dagli amministratori, la natura più evidente del “premio Terre del Negroamaro”. E sin qui, le ragioni di valorizzazione del territorio ci sono tutte, ma vanno rintracciate nel territorio di centrodestra, appunto».
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