di Cosimo Centonze | 22 Marzo 2015
RECENSIONE | Doverosa è la dedica a Virna Lisi, la grande attrice italiana che ci lascia dopo aver terminato le riprese di questo film. Sentito è anche il ricordo che le tributiamo anche noi, nel nostro piccolo.
Questo film non passerà alla storia, quella pluriennale e meravigliosa del nostro cinema. Non vi è una sceneggiatura dall’alto tasso drammatico, né contenente un messaggio sociale. Non passeranno neppure alla storia le interpretazioni degli attori, tutte sfacciatamente ordinarie e mai toccanti, né si ricorderanno battute o dialoghi. Ma, francamente, al pubblico cosa interessa tutto ciò?
L’importante è “passare” una serata piacevole in compagnia di qualche amico, o della propria famiglia. In questo senso il film raggiunge appieno il suo scopo, dato che come dicono quelli bravi : si lascia guardare. Certo siamo lontani anni luce da una trama fitta e complessa pregna di colpi di scena stralunanti che ti lasciano con il fiato sospeso, o rivelazioni sconcertanti, come i film cui questa pellicola si ispira: ovvero gran parte della produzione di Ozon, il “carnage”di Polansky, o altri lavori appartenenti alla nostra lunga tradizione. Impraticabile è anche il paragone con il passato migliore della Comencini, che ha prodotto i suoi successi maggiori, allorquando si è addentrata nel dramma introspettivo, ad esempio il profondissimo “il più bel giorno della mia vita” o il film candidato all’oscar “la bestia nel cuore”. Seppure del film del 2002 ne ricalca, quasi pedissequamente, l’ambientazione: riunione di una famiglia con personalità diverse tra di loro e quindi contrastanti.
L’occasione per la riunione è il decennale della scomparsa di Saverio Crispi
(interpretato da Francesco Sanna), uno dei più grandi attori del cinema italiano, protagonista di un elevato numero di successi. Un attore reso celebre anche dal suo fascino latino, un Rodolfo Valentino, cui nessuna donna sapeva resistere.
Sia nei film struggenti ma soprattutto nella vita reale. Difatti questo vero e proprio latin lover, ha avuto cinque figlie, da cinque donne diverse. Diverse sono anche le loro personalità e anche la loro nazionalità. La prima figlia è Susanna (Angela Finocchiaro), avuta dalla prima moglie, l’italiana Rita (Virna Lisi).
Questo matrimonio benché felice era reso instabile da una serie di scappatelle che l’attore si concedeva, ed è proprio a seguito di un incontro fugace con una costumista francese che nasce Stephanie (Valeria Bruni Tedeschi). Saverio si risposerà a seguito della rottura del primo matrimonio, con un’attrice spagnola Ramona (Maria Paredes). La coppia avrà una figlia che il padre vorrà chiamare Segunda (Candela Pena). Seguiranno due altre figlie: la svedese Solveig e l’americana Shelley, riconosciuta dal padre solo a seguito della prova del Dna, rifiutandosi però incontrarla direttamente.
E’ normale che questo miscuglio di personalità femminili sia in pieno subbuglio, è facile constatare come ci sia odio diretto nei confronti della donna, e della relativa figlia, che ha portato via il proprio amato, mentre apparentemente regna l’armonia tra le altre discendenti. L’unica a soffrire veramente è la figlia francese, non sentendosi pienamente accettata da nessuna.
L’unico aspetto che accomuna e tiene riunita questa strampalata famiglia è l’amore devoto e incontrastato nei riguardi di questo mito, uomo, padre, marito e amante.
Bellissimo, brillante e interessante, amato da tutti e tutte , osannato dal pubblico, ma, come tutti anche lui ha i suoi segreti nascosti, che riaffioreranno proprio adesso.
Quello che interessa la regista è appunto il rapporto che le figlie hanno con la memoria del padre e dei propri ricordi, cosi grandi che hanno impedito o offuscato il loro pieno percorso evolutivo e professionale.
In questa commedia si ravvisa un grande omaggio al cinema italiano e ai grandi attori che lo hanno animato, In Crispi vi è un po’ del mattatore Gassman, di Marcello Matroianni e di Gian Maria Volontè. E proprio su queste sponde che si rinviene il più grosso misfatto del film : la scelta dell’attore. Ma davvero questo insulso Francesco Scianna rappresenta il fascino maschile italiano? Stiamo freschi! Senza personalità, senza presenza: scelta assolutamente sbagliata, non si poteva trovare qualcun altro? L’unico punto a suo favore è una sua certa agiatezza nei panni di un uomo degli anni ’20. In alcune scene, però, sembra quasi rasentare il grottesco.
I colpi di scena ci sono, ma non convincono appieno. Cosi come ampiamente da rivedere è la scelta delle figure minori (scelta importantissima in una commedia).
I dubbi non risiedono tanto nella scelta degli attori, ma nella presenza di questi personaggi nella sceneggiatura: inutile la presenza del giornalista, che non si capisce che cavolo ci stia a fare. Misteri non ne trova, battute non ne fa, che qualcuna si innamori di lui non c’è il rischio… quindi la sua presenza è abbastanza inutile, come un venditore di gelati al polo nord o Salvini nel Parlamento Europeo.
Altra figura inutile è il montatore, fidanzato di Susanna, interpretato da Neri Marcorè. A cosa serve? Se non ad identificare l’unica persona capace di capire realmente la personalità del defunto, e c’era bisogno di renderlo cosi centrale? Mistero. Infine la Finocchiaro, riesce appieno nella parte della megera acida? Ma no… è cosi spassosa nel fare la stralunata e dolce “ sfigata”…
L’unica figura di contorno riuscita è lo stuntman: l’amico del cuore, da sempre fedele al divo. Molto divertente il suo personaggio e l’interpretazione resa da Lluis Homar.
Pur tralasciando queste evidenti falle, la commedia è godibile e piacevole e ben si presta a una serata piacevole.
Degna di nota la frase conclusiva: Saverio è frutto dell’immaginazione dell’autore.
Il grande cinema italiano è veramente esistito.
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