di Federico Marra | 16 Ottobre 2022
Esistono numerose condizioni psicologiche e psichiatriche che, per via delle loro peculiarità e della curiosità che suscitano tra la gente, sono diventate, nel corso degli anni, dei perfetti spunti o dei veri e propri soggetti per una corposa produzione letteraria, cinematografica e artistica in genere.
Tra le più affascinanti e note vi è sicuramente la Sindrome di Stoccolma.
Ma di cosa si tratta realmente?
Il 23 agosto 1973 due ex detenuti tentarono una rapina presso la “Sveriges Kredit Bank” di Stoccolma, prendendo in ostaggio quattro persone (tre donne e un uomo). La prigionia per loro durò quasi sei giorni, durante i quali maturarono un senso di gratitudine e positività per i loro carcerieri, tanto che, le vittime, decisero di passare dalla loro parte.
Al termine del sequestro, per la prima volta, si intervenne sugli ostaggi anche dal punto di vista psicologico: ne emerse che essi temevano più la polizia che non gli stessi sequestratori.
A partire da questi fatti, il criminologo e psicologo Nils Bejerot coniò il termine “Sindrome di Stoccolma”, che consiste in un particolare stato di dipendenza psicologica e/o affettiva che si manifesta nella vittima nei confronti del carnefice in casi di violenza fisica, verbale e/o psicologica. La vittima prova un sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore che può spingersi fino all’innamoramento e alla totale sottomissione volontaria, instaurando in questo modo una sorta di alleanza e solidarietà tra vittima e carnefice.
Seppur questa Sindrome non sia inserita in nessun sistema internazionale di classificazione psichiatrica e, quindi, non esistano criteri universali veri e propri per classificarla, possiamo comunque identificare degli aspetti comuni.
Generalmente la Sindrome di Stoccolma si articola in 3 fasi. Come abbiamo già accennato in precedenza, in un primo momento si presentano sentimenti positivi per l’aggressore, circa tre giorni dopo l’inizio del rapimento/sequestro; in seguito, si presentano i sentimenti negativi verso le autorità; infine, si costituisce una reciprocità di sentimenti positivi fra vittima e carnefice.
Secondo l’FBI, l’8 % circa dei casi di sequestro è caratterizzato dal fenomeno della sindrome di Stoccolma ed in particolare sembra più frequente nelle donne, nei bambini, nelle persone particolarmente devote a un certo culto, nei prigionieri di guerra e nei prigionieri dei campi di concentramento.
Non esiste alcun piano terapeutico specifico per chi sviluppa la Sindrome di Stoccolma, poiché il trattamento viene spesso rifiutato data la convinzione della vittima di aver ragione e di non aver bisogno di un intervento psicoterapeutico o psichiatrico.
Solo il tempo, dunque, può ristabilire la normalità nella psiche della vittima del sequestro.
11 Febbraio 2014
12 Febbraio 2016
24 Gennaio 2016
28 Novembre 2017
26 Gennaio 2018
1 mese ago
26 Gennaio 2018
Tutti i cittadini italiani portano in dichiarazione fiscale...26 Gennaio 2018
Nel calcolo dell’Indicatore Situazione Economica...26 Gennaio 2018
La formula di ospitalità del bed and breakfast (B&B)...26 Gennaio 2018
L’assegno al nucleo familiare (ANF) è un sostegno...